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Cattedrale
di Palermo |
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Palazzo
Reale |
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La
Martorana |
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Piazza
Castelnuovo |
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Piazza
Bologna |
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La Zisa |
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Foro
Italico |
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La
città di Palermo, adagiata fra il mare, il promontorio di Monte
Pellegrino e gli agrumeti della Conca d’Oro, oltre che capoluogo della
Regione Autonoma istituita nel 1947, può essere considerata oggi, a
ragione, l’unica vera metropoli della Sicilia, il polo intorno a cui
ruota tutta l’attività economica, politica e culturale dell’isola. Un
ruolo privilegiato, dunque, che le deriva da una storia secolare, da
sempre segnata dalla felice posizione geografica. Se, infatti, sulle
pendici di Monte Pellegrino l’uomo comparve fin dal Paleolitico, furono
i Fenici, nell’VIII secolo a.C., ad apprezzare per primi i pregi di
quell’insenatura naturale che è oggi la Cala e che a quell’epoca, più
profonda di quasi 500m, non tardò ad imporsi come scalo fondamentale per
i traffici dell’intero Mediterraneo. Da allora il porto non avrebbe mai
più abdicato alla sua funzione trainante non per l’economia, ma anche
per la stessa storia palermitana: fu da esso che la città prese il nome;
fu il porto che le consentì di stabilire contatti, di volta in volta, con
tutte le maggiori e più evolute civiltà, acquisendo una fisionomia
tipicamente cosmopolita; e fu ancora la sua importanza commerciale e
strategica a donare alla città una ininterrotta fortuna, tutelata e
incentivata nei secoli da soggetti egemoni diversi. Ai Fenici, infatti,
succedettero nel V secolo a.C. i Cartaginesi, cui nel 254 a.C.
subentrarono i Romani, che fecero della città, stretta costantemente
intorno al suo porto e fortificata, un fiorente municipio. Dopo una
parentesi di quattro secoli in cui si registrò il repentino avvicendarsi
di Vandali, Ostrogoti, Longobardi e Bizantini, la conquista araba
dell’831 riservò a Palermo un nuovo periodo di sfolgorante splendore.
L’antico abitato si arricchì di nuovi quartieri, tutti arroccati
intorno al porto, e il loro tessuto viario, con l’intrecciato
susseguirsi di vicoli che si conserva ancora oggi, rimane ai nostri giorni
una delle poche testimonianze di quello che dovette essere uno dei più
ricchi empori del Mediterraneo, contraddistinto ben presto da
caratteristiche prettamente orientali, con moschee, splendidi palazzi,
popolosi mercati, e che dal 948, eretto a capitale di uno Stato autonomo,
fu anche sede di un emiro. I confini della sua estensione erano ancora
quelli della “Paleapoli”, la città fortificata che oggi costituisce
il cuore antico di Palermo, pur presentando monumentali punti di
riferimento ormai riconducibili palesemente alla dinastia che agli Arabi
sarebbe succeduta. Nel 1072, infatti, Roberto il Guiscardo guadagnava
l’isola dei Normanni, nel 1130 Ruggero II veniva incoronato re di
Sicilia, e con lui i suoi successori, fino al munifico Guglielmo II, tutta
la città conobbe un fervore di opere
che le garantì un nuovo rigoglio architettonico. Con Enrico VI ai
Normanni succedettero gli Svevi, che ebbero in Federico II, figlio di
Enrico e di Costanza, ultima erede della dinastia normanna, un sovrano
colto e magnifico, capace di creare a Palermo una corte splendida, vero
faro illuminante per le lettere, le scienze, la cultura di un’epoca. Nel
1266 sull’isola giunsero gli Angiò, che con il loro prepotente
malgoverno, sfociato nel 1282 nella cruenta rivolta del Vespro,
agevolarono presto l’ascesa al potere degli Aragonesi. Fu allora che un
ruolo predominante cominciò ad essere giocato dalle potenti famiglie
feudatarie, capaci di innalzare splendidi palazzi (ad es. Palazzo
Chiaramonte) destinati a divenire i fulcri intorno a cui andò
delineandosi il nuovo assetto urbanistico della città. Ma la vera
trasformazione si sarebbe registrata solo a partire dal Cinquecento, con
l’insediarsi dei viceré spagnoli e un riassetto architettonico e
urbanistico che coinvolse anche centri di potere e spazi pubblici e che
portò in breve alla divisione nei quattro quartieri canonici e ad un
fiorire di chiese, monasteri, palazzi, nonché di fontane e monumenti che
abbellirono le piazze e strade nuovamente concepite. E se questa tendenza
non si interruppe neppure con l’avvento dei Borboni, nel 1734, solo
nell’Ottocento Palermo riuscì a valicare i confini della città
fortificata per espandersi radicalmente al seguito dell’ampliarsi del
porto. Col XX secolo l’espansione procedette verso nord, fino a
raggiungere quella Mondello che ormai costituisce il lido prediletto dei
Palermitani. Eppure, nonostante oggi Palermo si presenti con un aspetto
moderno e operoso, guadagnato anche a prezzo di un aggressivo spopolamento
del centro antico, gravemente danneggiato dal terremoto del 1968, la sua
anima conserva ancora molto del complesso retroterra storico, che affiora
prepotente nel vivace folclore cittadino: lo dimostrano non solo le
processioni, i carri trionfali e le animate feste popolari ma anche e
soprattutto le peculiari figure dei cantastorie, con le loro tavole
illustrate dall’incredibile fascino naif; il cromatismo acceso dei
tipici carretti che continuano a vivacizzare, con la propria presenza,
strade e piazze; il celeberrimo Teatro dei Pupi, che con autentica
suggestione fa rivivere le gesta di Cavalieri e Paladini, celebrando
inconsapevolmente, nel loro trionfo sugli Arabi infedeli, un pezzo di
storia che sembra sopravvivere nascosto nella memoria più recondita della
città.
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