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Chiesa di S.Cita

L’originaria costruzione avente il medesimo titolo esisteva presso l’attuale chiesa di S. Giorgio dei Genovesi, distante dunque dalla presente poche decine di metri. Era stata fondata nella prima meta’ del’300 da alcuni mercanti della Nazione lucchese e dedicata a S. Cita (o Zita), vergine molto venerata nella citta’ toscana. Ad essa era collegato un ospedale ad uso degli appartenenti alla stessa Nazione. Nel 1428 essa passo’ all’Ordine dei Domenicani, che circa un trentennio appresso decisero di costruirne una nuova accanto alla primitiva, press’a poco nel luogo dove sorge oggi l’attuale. Nel 1586, infine, i Padri deliberarono di riedificarla ancora una volta, in proporzioni assai piu’ vaste. E’ probabile che la direzione dei lavori fosse stata affidata a Giuseppe Giacalone.La facciata fu rifatta nel 1781 da Nicolo’ Peralta, allievo del Marvuglia, secondo un composto disegno ancora rinascimentale.
I due quadroni in stucco sulle porte minori riportano le figurazioni allegoriche della Carita’ e dell’Apostolato. Sulla porta principale e’ il cane con la fiaccola, simbolo dell’Ordine di S. Domenico. L’interno della chiesa mostra l’inquietante squilibrio di proporzionalita’ tra la zona della navata principale (smisuratamente sviluppata in alzato) e la amplissima zona del presbiterio e delle cappelle che si aprono oltre di esso.

Nel 1943, infatti, un grappolo di bombe si abbatte’ sul corpo centrale della chiesa distruggendo irrimediabilmente la navata di sinistra, con le sue cinque cappelle, e annientando le prime due di quella di destra. Solamente l’invaso centrale e’ oggi fruibile nella sua interezza e gli archi tompagnati, che ora si vedono in corrispondenza delle originarie cappelle, rendono una pallida idea della primitiva grandiosita’ d’impianto dell’edificio, amplificata dalla solidita’ dei pilastri che suddividevano le tre navi. Nei vani degli archi sono stati sistemati alcuni dipinti recentemente restaurati. Tra essi sono da notare: nel terzo lato sinistro La Beata Agnese da Montepulciano, tela di Filippo Paladini del 1603; nel quarto del lato sinistro La Vergine e l’Eterno Padre, tela della meta’ del XVII secolo; nel quinto del lato sinistro S. Rosa da Lima, tela di ignoto seicentesco.
Nel lato destro vi sono interessanti una S. Caterina da Siena, tela degli inizi del XVII secolo e una Trinita’ e S. Gregorio, dei primi del’700.
Di notevole bellezza e’ la Cappella del SS. Rosario. Interamente rivestita di marmi mischi e tramischi essa, assieme alla decorazione dell’abside della chiesa del Gesu’, e a quella della chiesa della Concezione, rappresenta uno dei vertici piu’ alti raggiunti dall’addobbo marmoreo settecentesco a Palermo. I floridi puttini musicanti delle lesene presso l’ingresso, che reggono simboli della Passione, mostrano una ineguagliata raffinatezza d’esecuzione. La decorazione delle pareti fu iniziata poco dopo la meta’ del’600, ma i suoi elementi piu’ significativi risalgono all’intervento di Gioacchino Vitagliano, protrattosi per circa un venticinquennio (1697-1722). I "teatrini" marmorei, che raffigurano dieci dei quindici Misteri del Rosario, furono eseguiti su modelli in creta di Giacomo Serpotta. 

La volta della cappella fu affrescata nel 1692 da Pietro Dell’Aquila con cinque Misteri Gloriosi. Al pittore si deve anche, verosimilmente, il disegno per la cornice in stucco nella quale sono inseriti. Di notevole pregio e’ il paliotto in pietre dure dell’altare maggiore, fatto realizzare, come recita una sovrastante iscrizione, da donna Agata Branciforti, contessa di Mazzarino. Vi si noti al centro la Fontana, uno dei simboli mariani. La tela con la Vergine del Rosario e’ riferibile agli inizi del XVIII secolo. Da notare e’, infine, il pavimento della cappella interamente composto da lapidi sepolcrali a mischio.

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